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Diritto all'avvicinamento sede di lavoro. Disponibilità sedi di destinazione.
L'art.
                  33 della legge n. 104/92 costituisce, in capo al lavoratore
                  che deve provvedere all'assistenza del familiare disabile, un
                  diritto soggettivo all'avvicinamento della sede di lavoro alla
                  residenza di quest'ultimo ogni qualvolta sussistano le altre
                  condizioni previste dalla disposizione ed in particolare, per
                  quanto concerne l'interesse di parte datoriale, ogni qualvota
                  vi siano sedi disponibili destinate alla copertura. In tal
                  sensi andava interpretato l'inciso "ove possibile", in ordine
                  alla necessità del contemperamento dell'interesse del
                  lavoratore con quello del datore di lavoro ex articolo 41
                  della Costituzione.
                  Cass. n. 26630/2019
Scelta sede di lavoro ex lege 104/1992. Trasferimento in corso di rapporto di lavoro.
Secondo
                  quanto stabilito dall’art 33, comma 5, l. n. 104 del 1992, il
                  diritto del cd. caregiver familiare a scegliere la sede di
                  lavoro più vicina al domicilio del congiunto disabile può
                  essere esercitato sia all’atto dell’assunzione, mediante la
                  scelta della sede in cui viene svolta l’attività lavorativa,
                  sia nel corso del rapporto, con una domanda di trasferimento,
                  ove ciò sia possibile e purché sussistano i requisiti
                  oggettivi e soggettivi di cui all’art 33, comma 3, l. n. 104
                  del 1992. Invero la ratio della disposizione in oggetto è
                  quella di agevolare coloro che si occupano dell’assistenza di
                  un proprio parente non più autosufficiente, con il presupposto
                  che il ruolo delle famiglie è fondamentale nella
                  cura.Pertanto, è da ritenersi irrilevante se tale esigenza di
                  assistenza sia sorta nel corso del rapporto di lavoro o sia
                  presente già all’instaurazione dello stesso, poiché, la
                  necessità di sostegno al congiunto disabile può essere fatta
                  valere in ogni momento dal lavoratore.
                  Cass. n. 6150/2019
Data della procura incorporata nell'atto di impugnazione.
                L'incorporazione della procura rilasciata ex articolo 83, terzo
                comma, c.p.c. nell'atto di impugnazione estende la data di
                quest'ultimo alla procura medesima, per cui si presume che
                quest'ultima sia stata rilasciata anteriormente alla notifica
                dell'atto che la contiene. Conseguentemente, non rileva, ai fini
                della verifica della sussistenza o meno della procura,
                l'eventuale mancata riproduzione o segnalazione di essa nella
                copia notificata, essendo sufficiente, per l'ammissibilità del
                ricorso per cassazione, la presenza della procura nell'atto
                originale.
                Cass. n. 35466/2021
Nullità
                vocatio in ius e contumacia convenuto. Regime della
                rinnovazione  degli atti. 
              
            
                Allorchè come motivo di appello venga dedotta la nullità della
                citazione di primo grado per vizi della “vocatio in ius” (nella
                specie, per inosservanza dei termini a comparire), in assenza di
                costituzione del convenuto e di rilievo d’ufficio della nullità
                ex art. 164 c.p.c., il giudice di appello, non ricorrendo una
                ipotesi di rimessione della causa al primo giudice, deve
                ordinare, in quanto possibile, la rinnovazione degli atti
                compiuti in primo grado, potendo tuttavia il contumace chiedere
                di essere rimesso in termini per compiere attività ormai
                precluse a norma dell’art. 294 c.p.c. , e dunque se dimostra che
                la nullità della citazione gli ha impedito di avere conoscenza
                del processo.
                Cass. n. 2258/2022
Colpa medica ed emergenza sanitaria. Spunti dalla sentenza Cantore del 2013
Espunto
                l'art. 2236 c.c. dal novero delle norme applicabili
                nell'ordinamento penale, esso vi è rientrato per il criterio di
                razionalità del giudizio che esprime. Questa Suprema Corte ha
                così affermato (Sez. 4, n. 39592 del 21 giugno 2007, Buggè, Rv.
                237875) che la norma civilistica può trovare considerazione
                anche in tema di colpa professionale del medico, quando il caso
                specifico sottoposto al suo esame impone la soluzione di
                problemi di specifica difficoltà, non per effetto di diretta
                applicazione nel campo penale, ma come regola di esperienza cui
                il giudice può attenersi nel valutare l'addebito di imperizia
                sia quando si versa in una situazione emergenziale, sia quando
                il caso implica la soluzione di problemi tecnici di speciale
                difficoltà. 
                Questa rivisitazione della normativa civilistica appare
                importante, non solo perché recupera le ragioni profonde che
                stanno alla base del tradizionale criterio normativo di
                attenuazione dell'imputazione soggettiva, ma anche perché, in un
                breve passaggio, la sentenza pone in luce i contesti che per la
                loro difficoltà possono giustificare una valutazione benevola
                del comportamento del sanitario: da un lato le contingenze in
                cui si sia in presenza di difficoltà o novità
                tecnico-scientifiche; e dall'altro (aspetto mai prima enucleato
                esplicitamente) le situazioni nelle quali il medico si trovi ad
                operare in emergenza e quindi in quella temperie intossicata
                dall'impellenza che rende quasi sempre difficili anche le cose
                facili. 
                Quest'ultima notazione, valorizzata come si deve, apre alla
                considerazione delle contingenze del caso concreto che
                dischiudono le valutazioni sul profilo soggettivo della colpa,
                sulla concreta esigibilità della condotta astrattamente
                doverosa.
                Cass. n. 16237/2013
Conversione del termine di prescrizione breve in decennale: a seguito di decreto ingiuntivo decorre dalla dichiarazione di esecutività.
In tema
                di crediti contributivi, la conversione in decennale del termine
                prescrizionale per effetto del giudicato, ex art. 2953 c.c., non
                si verifica a seguito di decreto ingiuntivo non opposto ma privo
                della dichiarazione ex art. 647 c.p.c., bensì nel momento in cui
                il giudice, dopo aver controllato la notificazione del decreto,
                lo dichiari esecutivo, poiché il procedimento di cui all'art.
                647 c.p.c. non ha una mera funzione di attestazione, analoga a
                quella della cancelleria circa l'avvenuto passaggio in giudicato
                della sentenza, bensì quella, assai più penetrante, di una
                verifica giurisdizionale della regolarità del contraddittorio,
                che si pone all'interno del procedimento monitorio e che
                conclude l'attività in esso riservata al giudice in caso di
                mancata opposizione. L'effetto di cui all'art. 2953 c.c. sul
                termine di prescrizione si collega, infatti, ad un provvedimento
                giurisdizionale passato in giudicato, e tale qualità non può che
                essere attribuita al decreto ingiuntivo dichiarato esecutivo ai
                sensi dell'art. 647 c.p.c., dal momento che solo per esso l'art.
                656 c.p.c. prevede l'esperibilità dei mezzi straordinari
                d'impugnazione per la sentenza passata in giudicato.
                Cass. n. 1774/2018 
L'intervento del creditore nella procedura esecutiva non presuppone la notifica del precetto.
Il
                dettato dell'art. 479 c.p.c., nella parte in cui prescrive che
                "l'esecuzione forzata deve essere preceduta dalla notificazione
                del titolo in forma esecutiva del precetto" ha riguardo
                unicamente all'espropriazione promossa con il pignoramento, non
                a quella esercitata in via di intervento. [...] Presupposto
                dell'intervento dei creditori nella procedura è l'esistenza di
                un titolo esecutivo (costituito dal ruolo, per i crediti
                azionati dall'agente della riscossione), non la notificazione di
                esso nè la intimazione di un precetto (ovvero, per i crediti
                azionati dall'agente della riscossione, la notificazione della
                cartella di pagamento).
                Cass.n. 3021/2018.
Il principio di non contestazione non spiega effetti sulla qualificazione giuridica dei fatti.
La non
                contestazione, di cui agli artt. 115, comma 2, e 416, comma 3,
                cod. proc. civ., opera sul piano probatorio ed esclude dal tema
                di indagine i fatti che non siano stati espressamente
                contestati, ma non limita l'attività di giudizio e, quindi, non
                spiega effetti quanto alla qualificazione giuridica dei fatti
                stessi, che il giudice può compiere a prescindere dalle
                posizioni assunte dalle parti.
                Cass. n. 20998/2019. 
Improcedibile il deposito del ricorso in Cassazione senza attestazione di conformità delle notifiche pec.
Il
                deposito in cancelleria, nel termine di venti giorni dall’ultima
                notifica, di copia analogica del ricorso per cassazione
                predisposto in originale telematico e notificato a mezzo PEC,
                senza attestazione di conformità del difensore ex art. 9, commi
                1-bis e 1-ter, della l. n. 53/1994 o con attestazione priva di
                sottoscrizione autografa, è improcedibile a meno che il
                controricorrente, anche tardivamente costituitosi, non depositi
                copia analogica del ricorso ritualmente autenticata ovvero non
                disconosca la conformità della copia informale all’originale
                notificatogli ex art. 23, comma 2, d.lgs. n. 82/2005.
                Cass. SU n. 22438/2018. 
Valida la votazione della delibera condominiale qualora si possano rilevare con certezza i voti dei condomini favorevoli.
Non è
                annullabile la delibera il cui verbale, ancorché non riporti
                l'indicazione nominativa dei condomini che hanno votato a
                favore, tuttavia contenga, tra l'altro, l'elenco di tutti i
                condomini presenti, personalmente o per delega, con i relativi
                millesimi, e nel contempo rechi l'indicazione, nominativa, dei
                condomini che si sono astenuti e che hanno votato contro e del
                valore complessivo delle rispettive quote millesimali, perché
                tali dati consentono di stabilire con sicurezza, per differenza,
                quanti e quali condomini hanno espresso voto favorevole, nonché
                di verificare che la deliberazione assunta abbia superato il
                quorum richiesto dall'art. 1136 cod. civ.
                Cass.n. 6552/2015
Giudizio in Cassazione: ricorso incidentale condizionato, solo su questioni non esaminate in appello.
In tema
                di impugnazione per cassazione, la parte, interamente vittoriosa
                nel giudizio di merito, che intende risollevare questioni già
                prospettate in appello, e non esaminate o ritenute assorbite dal
                giudice, ha l'onere di proporre ricorso incidentale
                condizionato, salvo che dichiari che le stesse siano sottoposte
                a scrutinio nel giudizio di rinvio, con conseguente sufficienza
                del mero controricorso al fine della rituale riproposizione
                delle questioni.
                Cass. civ. n. 4130/2014. 
Consenso informato: necessario avvertire il paziente dei rischi anche remoti.
L'informazione
                esatta sulle condizioni e sui rischi prevedibili di un
                intervento chirurgico o su un trattamento sanitario per
                accertamenti in prevenzione o in preparazione, se costituisce di
                per sè un obbligo o dovere che attiene alla buona fede nella
                formazione del contratto ed è elemento indispensabile per la
                validità del consenso che deve essere consapevole, al
                trattamento terapeutico e chirurgico, è inoltre un elemento
                costitutivo della protezione del paziente con rilievo
                costituzionale La valutazione del rischio appartiene al titolare
                del diritto esposto, e cioè al paziente e costituisce una
                operazione di bilanciamento che non può essere annullata in
                favore della parte che interviene sia pure con intenti salvivici
                (la Corte ha ritenuto dovuta l'informazione anche in presenza di
                una percentuale statistica di mortalità dell'uno per cento).
                Cass  n. 19731/2014. 
Viene meno l'onere della prova se la controparte non contesta il fatto allegato.
La
                Corte, facendo leva sull'onere del convenuto - previsto
                dall'art. 416 c.p.c., per il rito del lavoro, e dall'art.167
                c.p.c., comma 1 (come novellato dalla L. 26 novembre 1990,
                n.353), per il rito ordinario - di prendere posizione, nell'atto
                di costituzione, sui fatti allegati dall'attore a fondamento
                della domanda, ha affermato che il difetto di contestazione di
                quei fatti ne implica l'ammissione in giudizio se si tratta di
                fatti cd. principali, ossia costitutivi del diritto azionato,
                mentre per i fatti ed. secondari, ossia dedotti in esclusiva
                funzione probatoria, la non contestazione costituisce argomento
                di prova ai sensi dell'art. 116 c.p.c., comma 2. [...];
                conseguentemente, ogni volta che sia posto a carico di una delle
                parti (attore o convenuto) un onere di allegazione (e prova),
                l'altra ha l'onere di contestare il fatto allegato nella prima
                difesa utile, dovendo, in mancanza, ritenersi tale fatto
                pacifico e non più gravata la controparte del relativo onere
                probatorio, senza che rilevi la natura di tale fatto.
                Cass. n. 5191/2008.